«(…) è uno dei punti del pianeta in cui si rompe la maglia rassicurante intessuta dalla cultura illuministica e in cui le tenebre elementari emergono allo scoperto. Su tutta la superficie terrestre esiste una mappa di luoghi “segnati”; gli incroci di sulfuree coordinate, gli aleph di cui non si dovrebbe parlare»
IPPOLITO EDMONDO FERRARIO – Triora. Il paese delle streghe

Ti accoglie come qualunque altro borgo ligure, ma non appena ti addentri per i suoi carrugi qualcosa cambia: ti senti osservato, con una punta di ostilità, di diffidenza. E’ come se qualcuno stesse valutando le tue intenzioni, le tue emozioni. Decine di porte, porticine, finestre, buchi, anfratti si aprono sulle viuzze di questo paese strappato alla montagna – questa è la prima impressione. Poi man mano che ti immergi sempre più nella sua anima, nella vastità della natura che circonda il paese, ti senti tranquillo, leggero, in pace, nonostante riecheggi talvolta il dolore patito dalle sue donne durante il processo contro le streghe alla fine del ‘500. E il borgo non è più strappato alla montagna ma piuttosto incorporato ad essa, protettrice e rifugio. Senti il respiro di antichi rituali, di nenie consolatrici e curatrici, di sapienza di ogni pianta, fiore, filo d’erba. Senti la disperazione della solitudine, della paura che si affievoliscono al cospetto di tanta selvatica, magnifica natura; senti il legame profondo con questa natura che nessun piccolo, ignorante essere umano potrà spezzare.



Non mi dilungherò a parlare della storia di Triora, del processo alle streghe, dell’orrore dell’Inquisizione; è tutto a portata di mano di chiunque e non sarei in grado di aggiungere altro.





Mi soffermo piuttosto sulla paura, la diffidenza che provoca il diverso, l’altro, tutto ciò che è troppo al di fuori della nostra portata. Sulle bugie raccontate per perpetrare orrori inimmaginabili in nome della religione, della giustizia, quando i veri motivi, sempre, in ogni epoca, sono ben diversi. Primo fra tutti il potere: potere sugli altri, prevaricazione, volontà di sopraffazione. E qui, tra i carrugi di Triora, al cospetto della valle che la circonda sento più forte la voglia di scappare lontano da tutto ciò che comporta l’esercizio del potere, da tutto ciò che mi costringe a scegliere contro la mia vera natura o contro un mio simile.


La Donna Selvaggia… “è intuito, veggenza, colei che sa ascoltare, è il cuore leale… è idee, sentimenti, impulsi e memoria… E’ la fonte, la luce, la notte, l’oscurità e l’alba… E’ colei che tuona contro l’ingiustizia. E’ colei che lasciamo a casa affinché la custodisca. E’ colei da cui andiamo a casa. E’ la radice fangosa di tutte le donne… E’ l’incubatrice di piccole idee grezze e di accordi. E’ la mente che ci pensa, noi siamo i pensieri che lei pensa…”
“…Vive in fondo al pozzo, nel corso superiore dei fiumi, nell’etere senza tempo. Vive nella lacrima e nell’oceano… E’ dal futuro e dall’inizio dei tempi. Vive nel passato, da dove la convochiamo. Sta nel presente e ha un posto al nostro tavolo, sta dietro di noi in fila e sta davanti a noi per strada. E’ nel futuro e torna indietro nel tempo per trovarci ora…”


“…Vive nel verde che sbuca tra la neve, vive negli steli fruscianti del morente grano d’autunno, vive dove i morti vengono per un bacio e i vivi inviano loro preghiere. Vive nel luogo in cui si fa il linguaggio. Vive di poesia e percussione e canto. Vive di quarti di tono e di note di passaggio, e in una cantata, in una sestina, nei blues. E’ l’attimo che precede l’ispirazione che ci abbaglia…”
CLARISSA PINKOLA ESTES “Rowing Songs for the Night Sea Journey. Contemporary Chants”
da “DONNE CHE CORRONO COI LUPI”




Piuttosto impegnativo, mi rendo conto, come commento per una gita fuori porta. Evidentemente non era, solo, una gita fuori porta.
